Contratti di lavoro a progetto: cosa sono e a cosa servono

Tutti abbiamo direttamente o indirettamente avuto qualche esperienza con i contratti di lavoro a progetto: attraverso una proposta di lavoro basata sui co.co.pro. e co.co.co.; attraverso un amico che li ha ‘sperimentati’ e odiati; attraverso le numerose polemiche e critiche ascoltate in tv e lette sui giornali.

Anche se la normativa è cambiata e i contratti di lavoro a progetto sono stati ridefiniti e in alcuni casi  sostituiti da altre forme contrattuali, per alcuni aspetti simili ma decisamente più vantaggiose per i lavoratori, è sempre meglio conoscerli e all’occorrenza riconoscerli; soprattutto se sei uno studente universitario che sta per terminare il suo corso di laurea e si appresta a ricercare un impiego.

Ecco perché in questo articolo ti spiegheremo, in maniera semplice, cos’è e come funziona il contratto a progetto.

Cosa sono i Co.Co.Pro.

L’acronimo Co.Co.Pro. sta per contratto di collaborazione per programma, comunemente definito contratto di lavoro a progetto.

Si tratta di una tipologia di contratto di lavoro autonomo che non presuppone vincoli di subordinazione e che per tale motivo è detto anche parasubordinato.

Per il datore di lavoro il cocopro presenta il vantaggio di un vincolo temporalmente determinato nei confronti del lavoratore, la cui durata è limitata alla realizzazione di un progetto.

Al contrario, per il lavoratore la forma di contratto non può essere considerata altrettanto vantaggiosa: scaduto il termine si ritrova praticamente senza lavoro.

Il lavoratore figura come un collaboratore autonomo: la sua attività è legata alla realizzazione di un progetto, o di parte di esso, definito da un committente.
Colui che collabora al progetto non è vincolato a un lavoro di esclusiva nei confronti del datore; egli può operare anche per altri committenti purché non svolgano attività in concorrenza.

Non è prevista una durata massima del contratto; essa è determinata in base alle peculiarità del progetto.

co.co.pro.

Caratteristiche

Un co.co.pro. riporta le seguenti caratteristiche:

  • il contratto di lavoro è redatto per iscritto
  • il lavoratore gestisce la propria attività in maniera autonoma
  • indicazione precisa e dettagliata del progetto da portare a termine
  • indicazione della durata, dei contenuti e dei risultati finali del progetto
  • indicazione del corrispettivo e relativi criteri di determinazione
  • nessun vincolo di subordinazione per quanto riguarda orari e luogo di lavoro
  • nessun rapporto di dipendenza tra lavoratore e dipendente

Il co.co.pro. non prevede retribuzioni per periodi di ferie e giorni di malattia; inoltre se l’assenza per malattia supera i 30 giorni o risulta maggiore di un sesto della durata della collaborazione pattuita il datore può recedere il contratto.

II co.co. pro. si risolve automaticamente nel momento in cui il progetto si conclude. Ciò può accadere anche prima della scadenza prevista sul contratto; in tal caso il compenso, adeguato alla quantità e alla tipologia di lavoro svolto, è dovuto per l’intera somma pattuita.

Contributi

I contributi del contratto a progetto consistono nei 2/3 dell’ordinaria contribuzione INPS, di cui 2/3 sono a carico del committente (datore di lavoro) e 1/3 a carico del lavoratore.
La quota a carico del lavoratore viene trattenuta in busta paga all’atto della corresponsione del compenso.

Per la situazione pensionistica tutti i lavoratori a  progetto devono essere iscritti alla Gestione Separata Inps.

Normativa

I contratti di lavoro a progetto sono stati introdotti dal D. Lgs 276 del 2003 per regolamentare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co); il Decreto in questione ha di fatto attuato la Legge 30 del 2003, meglio conosciuta come Legge Biagi.

Successivamente è stata la Legge 92 del 2012 (Riforma Fornero) a regolamentare ulteriormente tale tipologia di contratti.

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 81/2015, il famoso e tanto discusso Jobs Act, dal 25 giungo 2015 non è più possibile stabilire nuovi contratti a progetto.
La misura si è resa necessaria per contrastare gli abusi legati all’utilizzo dei co.co.pro. che in numerosi casi mascheravano vere e proprie tipologie di lavoro subordinato, senza però fornire al lavoratore le relative garanzie sociali e contributive.

A partire dal 1 gennaio 2016 il Jobs Act stabilisce la trasformazione in rapporti di lavoro subordinati tutte le collaborazioni che prevedono: prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e di contenuto ripetitivo, le cui modalità di svolgimento sono stabilite dal datore di lavoro sia per quello che riguarda il luogo che i tempi.

Il Decreto Legislativo consente la stipula di collaborazioni coordinate continuative per le seguenti fattispecie:

  • collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali, in ragione di particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore, prevedono discipline specifiche relativamente al trattamento economico e normativo;
  • collaborazioni che riguardano l’esercizio di professioni intellettuali che richiedono l’iscrizione ad albi professionali;
  • attività prestate da componenti degli organi di amministrazione e controllo di società e dai partecipanti a collegi e commissioni, nell’esercizio della loro funzione;
  • prestazioni di lavoro con finalità istituzionali o per Associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle Federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

Il contratto a progetto rientra tra le collaborazioni coordinate e continuative. Mentre queste ultime restano in vigore, la collaborazione a progetto è stata abolita dal Jobs Act del 2015.

Le co.co.co. (collaborazioni coordinate e continuative) sono soggetti a una disciplina rigida e devono pertanto rispettare alcuni requisiti fondamentali tra i quali: l’assenza del vincolo di esclusività, l’assenza un orario lavorativo prestabilito, lo svolgimento della prestazione in forma autonoma.

In assenza dei requisiti previsti dalla norma può scattare una presunzione di subordinazione.

Per quanto riguarda invece la retribuzione minima, la normativa prevede che non sia inferiore a quella che spetta a un lavoratore dipendente assunto sulla base del CCNL di riferimento.

La situazione contributiva resta la stessa dei co.co.pro. ovvero 2/3 a carico del datore di lavoro e 1/3 a carico del lavoratore.
L’importo dei contributi varia in base all’aliquota in vigore nell’anno in corso.

 

 


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